Dopo la Battaglia: il fato dei Re, la vendetta della sorte e la fine dell’assedio

Dopo la Battaglia: il fato dei Re, la vendetta della sorte e la fine dell’assedio
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L.M.

Venuta la sequente aurora, il campo di battaglia si mostrò in tutta la sua orrenda magnificenza: migliaia di corpi giacevano sul terreno insanguinato, testimoni muti della rovina francese e della vittoria imperiale. La polvere della mischia si era posata, e con essa i destini degli uomini si erano compiuti: alcuni furono condotti in catene, altri ebbero sepoltura con onore, altri ancora perirono in modo miserevole, vittime non già della spada nemica, ma della crudeltà del caso e della perfidia umana.

La prigionia del Re di Francia

Come trofeo della vittoria, il valoroso Marchese di Pescara, Fernando Francesco d’Avalos, prese seco Francesco I, Re di Francia, e con degno seguito lo condusse alla rocca di Pizzighettone, là dove il vinto avrebbe atteso il suo fato. Non si narrerà qui oltre della sua sorte, ché già la Storia raccontò l’epilogo di tal vicenda, e che il Re, nella sua prostrazione, scrivesse alla madre quelle celebri parole: “Tutto è perduto, fuorché l’onore.”

Il destino incerto del Re di Navarra e il dubbio sulla sorte di un fuggiasco

Non fu solo il sovrano di Francia a cadere in potestà degli Imperiali. Enrico II di Navarra, compagno di sventura, fu preso e condotto al castello di Pavia, dove, pur in cattività, gli furono resi gli onori degni del suo grado.

Ben diversa e più trista sorte ebbe un cavaliere francese in fuga, la cui identità non è certa nelle cronache. Alcuni racconti narrano di un nobile che, vedendosi assediato dal periglio, si diede alla fuga, sperando che il caso gli fosse benigno. Per più otto o dieci miglia si allontanò dalla città, finché il destino non lo condusse innanzi a un mugnaio. Costui, uomo rozzo e ignaro della grandezza del supplice che gli stava dinanzi, nulla curandosi delle promesse di largizioni e protezioni, vilmente lo uccise. Martino Verri riporta che il fuggiasco fosse il Re di Scozia, ma altre fonti attestano che egli fu catturato e non ucciso. È dunque possibile che il protagonista di questa tragica vicenda fosse un altro cavaliere, il cui nome è andato perduto nelle nebbie della storia.

I prigionieri di Pavia e la giustizia della guerra

Nel castello della città furono altresì condotti Monsieur de Saint-Pol, il Gran Bastardo di Savoia, e molti baroni e cavalieri ch’ebbero la sorte di sopravvivere alla carneficina, seppur costretti alle catene della disfatta. L’antico maniero sforzesco divenne così dimora forzata per le nobili schiere del re cristianissimo, la cui gloria s’era tramutata in prigionia.

L’estremo omaggio ai morti e la fine dell’assedio

Finita la strage, la ragione della guerra impose il rito della sepoltura. I cadaveri francesi, dieci o undicimila in numero, giacevano sparsi sul campo, privi d’identità e di memoria, ché la morte non conosce il nome degli umili. Ma ai grandi caduti fu reso onore: alcuni baroni furono deposti con pompe solenni nella chiesa di Sant’Agostino in Pavia, altri invece furono ricondotti in Francia, affinché riposassero nella terra che li aveva generati.

E così, con la rotta delle schiere francesi, Pavia si ritrovò libera dall’oppressione dell’assedio. Scrive Martino Verri che la città restò franca e libera dal campo francese per quel tempo. Per quel tempo, sì. Ché la guerra è fiamma che mai non si estingue del tutto, ma cova sotto la cenere dell’ambizione, pronta a divampare nuovamente al soffio del destino.

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Martino Verri

Venuta poi la sequente aurora, il Marchese condusse a Pizzighitone esso Re Christianissimo, et di questo più non ragiono.
Fu ancora nella sopradetta battaglia fatto prigione il Re di Navara, et quello fu condotto nel castello della città di Pavia, et li fu fatto grandissimo honore et pregio, come meritava. Il Re di Scotia, che alla medema battaglia era, vedendo il gran periglio, se ne fuggì non so come, et sendo già longe dalla città di Pavia circa otto over dieci miglia, ritrovò un molinaro, al quale, benché esso Re si dasse a conoscere promettendogli larghissimi doni, se lo salvava, niente di meno quello, come rustico che era, non curandosi della sua dignità né apena ascoltandolo, l’uccise vilanamente. Dil che poi n’ebbe debito castigo, percioche resapendosi l’iniquo suo fatto, fu impiccato miseramente, et appresso a quello altri ancora della casa sua.
Fu parimente menato prigione nel detto castello di Pavia Monsù di Santo-Pò, et con quello medesimamente il Gran Bastardo di Savoia, et molti altri baroni et cavallieri de’ nimici, quali ora non racconto.
Finita adunque la sanguinolente et horrenda battaglia, fecesi fare la raccolta de’ corpi morti dalla parte de’ Francesi, et quelli si ritrovorno ascendere sino al numero de dece over undecimila corpi, de’ quali nomi non si ha fermo raccordo. Et d’essi baroni morti alcuni ne furon sepolti con grandissime pompe et honori in la città di Pavia, alla chiesa di Santo Agostino, et alcuni de quelli furono mandati sino in Franza nelle loro parti a sepellire.
Sicché finiti questi travagli, et essendo riportata la vittoria gloriosa contra i nimici, ancorché con qualche danno de’ Imperiali, restò la città di Pavia libera et franca dal campo francese per quel tempo.

M. Verri, “Narrazione del pavese Martino Verri, testimonio oculare dei fatti accaduti in Pavia...”, “Il comune dei Corpi Santi di Pavia e ca de Tedioli”. Carlo Dell'Acqua. Pavia, Tip. Fratelli Fusi, 1877

testo storico elaborato da chatGPT per una migliore comprensione.

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