L’Audace Stratagemma Imperiale Prima della Battaglia

L’Audace Stratagemma Imperiale Prima della Battaglia
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Martino Verri

Durante l’assedio di Pavia, il Duca di Borbone e il Marchese di Pescara fecero assoldare ottomila Alemanni. Quando questi giunsero nella Gera d’Adda, i due comandanti riunirono le forze spagnole e italiane che erano a presidio di Cremona, Lodi e delle altre città imperiali. Così facendo, il loro esercito raggiunse un totale di ventiduemila fanti, oltre alla cavalleria.
Con questa armata, si mossero verso il Lodesano e si accamparono nei pressi di Sant’Angelo. Da lì, in una notte, si spostarono sotto Pavia e si accamparono a ridosso del campo nemico francese, tanto vicino che, in alcuni punti, le sentinelle imperiali potevano parlare con quelle francesi, separate solo dalle trincee. Da un altro lato, vi era la murata del Barco, presso le porte del medesimo e la località di Santo Alessio, distante da Pavia circa due o tre miglia.
Una volta accampati, gli Alemanni e gli altri imperiali non cessarono di scaramucciare e inquietare i Francesi per venti giorni consecutivi. Tuttavia, vedendo che mancavano i soldi per pagare i soldati, il Duca di Borbone e il Marchese di Pescara decisero di dare battaglia per porre fine alle difficoltà.
Il Marchese, uomo accorto e di grande giudizio, per otto notti consecutive fece dare l’allarme nel campo francese tre o quattro volte per notte, con suoni di trombe e tamburi. Approfittando del caos generato, ordinò segretamente di rompere la base della murata del Barco per un tratto di venti passi, preparando così il terreno per l’attacco decisivo.
Il signor Giovanni Antonio da Leva fu preventivamente avvisato della battaglia imminente dai signori Duca di Borbone e Marchese di Pescara, insieme al giorno e all’ora stabiliti per l’attacco al campo nemico. La battaglia sarebbe avvenuta nel giorno di San Mattia, otto giorni dopo l’avviso, poiché quel giorno era il natale di Sua Maestà Cesarea e particolarmente favorevole e devoto alla nazione spagnola.
Per preparare la difesa della città durante l’azione militare, il signor Giovanni Antonio da Leva radunò tutta la gioventù di Pavia, esortandola con parole nobili e solenni a mantenere l’ordine e la sicurezza della città, poiché lui stesso, all’alba del giorno stabilito, sarebbe uscito per mettere terrore nei nemici e, se necessario, fornire soccorso ai comandanti imperiali. I cittadini risposero con grande entusiasmo, assicurando che avrebbero difeso la città con ogni mezzo e addirittura offrendo di unirsi alla battaglia stessa. Queste parole diedero grande conforto e animo al signor Antonio.

M. Verri, “Narrazione del pavese Martino Verri, testimonio oculare dei fatti accaduti in Pavia...”, “Il comune dei Corpi Santi di Pavia e ca de Tedioli”. Carlo Dell'Acqua. Pavia, Tip. Fratelli Fusi, 1877

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L.M.

Il 24 febbraio 1525, giorno destinato a passare alla storia, non giunse all’improvviso. Il suo esito, l’epica sconfitta dell’esercito francese e la cattura di Francesco I, fu il risultato di un piano magistrale, orchestrato con astuzia e determinazione dai comandanti imperiali. Le vicende di questi giorni cruciali sono state già ampiamente descritte nei resoconti precedenti, e la cronaca di Martino Verri ci offre ora un riassunto degli eventi che prepararono il terreno per lo scontro decisivo.

L’Arrivo degli Alemanni e la Crescita dell’Esercito Imperiale
Mentre l’assedio di Pavia stringeva la città nella morsa del Re di Francia, il Duca di Borbone e il Marchese di Pescara, sapendo che la guerra si vince con le armi ma anche con il numero, assoldarono ottomila Alemanni. Questi giunsero nella Gera d’Adda, e subito i comandanti imperiali raccolsero tutte le truppe spagnole e italiane che difendevano Cremona, Lodi e le altre città fedeli all’Impero. Così facendo, il loro esercito crebbe fino a ventiduemila fanti, oltre alla cavalleria.

Con questa possente armata, i comandanti si mossero nel Lodigiano, stabilendo il loro accampamento a Sant’Angelo Lodigiano. Ma non vi rimasero a lungo. In una sola notte, si spostarono sotto Pavia, accampandosi così vicino al campo francese che le sentinelle imperiali e quelle francesi potevano quasi parlarsi, divise solo dalle trincee. Da un lato, l’imperiale avanzata si estendeva fino alla murata del Barco e Santo Alessio, distante solo poche miglia da Pavia.

Ventuno Notti di Scaramucce e l’Inganno del Pescara
Una volta accampati, gli Alemanni e gli altri imperiali non diedero tregua ai francesi, attaccandoli ripetutamente con scaramucce per ventuno giorni consecutivi. Ma il problema più urgente non erano le schermaglie, bensì l’assenza di denaro per pagare le truppe. Senza soldi, un esercito non si regge in piedi.

Fu così che il Duca di Borbone e il Marchese di Pescara presero la decisione che avrebbe cambiato la storia: dare battaglia per porre fine all’assedio una volta per tutte.

Ma l’astuto Pescara, maestro della guerra e della strategia, non si gettò alla cieca nello scontro. Per otto notti consecutive, fece suonare l’allarme nel campo francese tre o quattro volte per notte, facendo credere al nemico che un attacco fosse imminente. I francesi, all’inizio, reagirono con prontezza, ma col passare dei giorni si abituarono a quegli allarmi notturni, scambiandoli per falsi allarmi.

L’Ultima Notte Prima della Tempesta

Una settimana prima della battaglia, il Duca di Borbone e il Marchese di Pescara inviarono un messaggio segreto a Giovanni Antonio de Leyva, informandolo del piano. Il giorno scelto per l’attacco sarebbe stato il giorno di San Mattia, una data particolarmente significativa per gli spagnoli perché coincideva con il compleanno di Carlo V. Un segno del destino che nessun soldato imperiale avrebbe ignorato.

Nel frattempo, Antonio de Leyva, consapevole dell’importanza di mantenere l’ordine in città durante la battaglia, radunò tutta la gioventù pavese e pronunciò un discorso solenne, esortandoli a difendere la città nel momento cruciale. I cittadini risposero con entusiasmo, giurando di proteggere Pavia con ogni mezzo e, se necessario, di scendere in battaglia.

Con il nemico ormai sfinito e il piano pronto a scattare, la battaglia era ormai inevitabile. Il 24 febbraio si preannunciava come il giorno in cui l’assedio di Pavia avrebbe avuto una svolta decisiva.

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