Il 24 febbraio 1525, giorno destinato a passare alla storia, non giunse all’improvviso. Il suo esito, l’epica sconfitta dell’esercito francese e la cattura di Francesco I, fu il risultato di un piano magistrale, orchestrato con astuzia e determinazione dai comandanti imperiali. Le vicende di questi giorni cruciali sono state già ampiamente descritte nei resoconti precedenti, e la cronaca di Martino Verri ci offre ora un riassunto degli eventi che prepararono il terreno per lo scontro decisivo.
L’Arrivo degli Alemanni e la Crescita dell’Esercito Imperiale
Mentre l’assedio di Pavia stringeva la città nella morsa del Re di Francia, il Duca di Borbone e il Marchese di Pescara, sapendo che la guerra si vince con le armi ma anche con il numero, assoldarono ottomila Alemanni. Questi giunsero nella Gera d’Adda, e subito i comandanti imperiali raccolsero tutte le truppe spagnole e italiane che difendevano Cremona, Lodi e le altre città fedeli all’Impero. Così facendo, il loro esercito crebbe fino a ventiduemila fanti, oltre alla cavalleria.
Con questa possente armata, i comandanti si mossero nel Lodigiano, stabilendo il loro accampamento a Sant’Angelo Lodigiano. Ma non vi rimasero a lungo. In una sola notte, si spostarono sotto Pavia, accampandosi così vicino al campo francese che le sentinelle imperiali e quelle francesi potevano quasi parlarsi, divise solo dalle trincee. Da un lato, l’imperiale avanzata si estendeva fino alla murata del Barco e Santo Alessio, distante solo poche miglia da Pavia.
Ventuno Notti di Scaramucce e l’Inganno del Pescara
Una volta accampati, gli Alemanni e gli altri imperiali non diedero tregua ai francesi, attaccandoli ripetutamente con scaramucce per ventuno giorni consecutivi. Ma il problema più urgente non erano le schermaglie, bensì l’assenza di denaro per pagare le truppe. Senza soldi, un esercito non si regge in piedi.
Fu così che il Duca di Borbone e il Marchese di Pescara presero la decisione che avrebbe cambiato la storia: dare battaglia per porre fine all’assedio una volta per tutte.
Ma l’astuto Pescara, maestro della guerra e della strategia, non si gettò alla cieca nello scontro. Per otto notti consecutive, fece suonare l’allarme nel campo francese tre o quattro volte per notte, facendo credere al nemico che un attacco fosse imminente. I francesi, all’inizio, reagirono con prontezza, ma col passare dei giorni si abituarono a quegli allarmi notturni, scambiandoli per falsi allarmi.
L’Ultima Notte Prima della Tempesta
Una settimana prima della battaglia, il Duca di Borbone e il Marchese di Pescara inviarono un messaggio segreto a Giovanni Antonio de Leyva, informandolo del piano. Il giorno scelto per l’attacco sarebbe stato il giorno di San Mattia, una data particolarmente significativa per gli spagnoli perché coincideva con il compleanno di Carlo V. Un segno del destino che nessun soldato imperiale avrebbe ignorato.
Nel frattempo, Antonio de Leyva, consapevole dell’importanza di mantenere l’ordine in città durante la battaglia, radunò tutta la gioventù pavese e pronunciò un discorso solenne, esortandoli a difendere la città nel momento cruciale. I cittadini risposero con entusiasmo, giurando di proteggere Pavia con ogni mezzo e, se necessario, di scendere in battaglia.
Con il nemico ormai sfinito e il piano pronto a scattare, la battaglia era ormai inevitabile. Il 24 febbraio si preannunciava come il giorno in cui l’assedio di Pavia avrebbe avuto una svolta decisiva.